L’ 8×1000 alla Chiesa Cattolica
“Il modo più sicuro per impazzire è farsi coinvolgere negli affari altrui, e il modo più sicuro per essere sani e felici è farsi gli affari propri”.
Parole di Melody Beattie, autrice di un manuale di autoapprendimento “E liberati dagli altri”, che tanto interesse ha suscitato negli USA (vendute 5 milioni di copie!). La Melody non ha inventato niente; ha l’unico merito, si fa per dire, di aver colto una tendenza impacchettandola bene. Quel manuale non risulta sia stato tradotto in italiano, ma sono infiniti i segnali che parlano lo stesso linguaggio e rivolgono agli italiani lo stesso invito: ‘pensa agli affari tuoi’. Talvolta il messaggio è più sottile e si traveste di (falso) altruismo: pensa alla tua patria, alla tua famiglia, alla tua comunità. Ciascuno pensi alle proprie cose e sia “sano e felice”, come garantisce la nostra Melody, lei certamente soddisfatta con quello che avrà incassato di diritti d’autore. In un’interpretazione estrema, il virus può insinuarsi perfino all’interno della comunità ecclesiale. Consiste nel suggerire, che l’unica comunità è la “mia” comunità, quella in cui vivo, frequento i sacramenti, ho il gruppo e gli amici. E la “mia” è l’unica, non solo la prima, di cui preoccuparmi. In una comunità così, inutile dirlo, la comunione non s’impara ma si disimpara. Il virus disgrega, non aggrega. Alla lunga esclude, non include. Chiude le menti anziché aprirle. Fino a impigrire e paralizzare la stessa vita della comunità ecclesiale. Nessuna può dirsi immune dal virus, ma tutti abbiamo diverse possibilità di proteggerci.
Una di queste è l’8xmille. Non si tratta di inventare niente, né di mettere in piedi nuove iniziative. Si tratta di attribuire il suo profondo significato a un gesto che spesso compiamo meccanicamente, senza troppe domande: il gesto della firma a favore della Chiesa Cattolica nell’apposito spazio dell’8xmille al momento della dichiarazione dei redditi. Quell’atto, che potrebbe sembrare formale racchiude in sé valori fondamentali come la solidarietà, la responsabilità, la perequazione. Con quel gesto “ci occupiamo” degli altri, ossia dei preti, delle comunità, delle tantissime realtà che con le sole proprie forze non potrebbero essere se stesse, ossia non potrebbero assolvere la propria missione. E non solo non impazziamo, ma ci sentiamo proprio bene.
Umberto Folena (editorialista di Avvenire)