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La vita è un dono

cuore in manoDi fronte alla tragica scelta (il suicidio assistito in Svizzera) di Fabiano Antoniani (in arte Dj Fabo) – giovane di 39 anni cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale nel 2014 – è doveroso per tutti un rispettoso silenzio. Pure noi cristiani non abbiamo il diritto di giudicare nessuna persona quand’anche i suoi comportamenti non corrispondono alla nostra idea di bene e di male.
Tuttavia, davanti a fatti così gravi, delicati e complessi, strumentalizzati in modo enfatico dalla comunicazione mediatica per spingere emotivamente le persone a orientarsi verso l’eutanasia, è opportuno presentare brevemente la visione cristiana sulle varie problematiche inerenti alla cura del dolore nelle malattie inguaribili e sul fine vita.
1) Le dat (dichiarazione anticipata di trattamento): dichiarazioni che il soggetto decide di fare quando è in grado di intendere, in vista di una futura situazione in cui si trovasse in condizioni gravissime e non fosse più in grado di disporre di sé. Si tratta in sostanza di dichiarare la propria volontà in merito alle terapie che una persona intende o non intende accettare nell’eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte, incluse nutrizione e idratazione artificiali, per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti che costringano a trattamenti permanenti.
E’ all’esame della Camera un decreto legge che dovrebbe approdare in Aula per la discussione il 6 marzo. Va precisato che per la morale cristiana nutrizione e idratazione non sono considerate come accanimento terapeutico!
2) L’eutanasia (detta anche dolce morte) si definisce ‘attiva’ quando la somministrazione di un’iniezione letale avviene da parte del medico su richiesta del paziente. L’ eutanasia passiva o il suicidio assistito, (di cui si è avvalso Dj Fabo in Svizzera), avviene quando il paziente chiede al medico di prescrivere e preparare il mix di farmaci letali che poi il paziente assume personalmente. Di solito si tratta di una bevanda. In questo caso il medico non agisce direttamente ma collabora col malato, che ingerisce autonomamente il mix letale. Nel caso di malati di Sla o impossibilitati a bere, il paziente aziona con le labbra o altri movimenti un meccanismo che consente di iniettare nel sondino cui è collegato il mix di farmaci letale. Il gesto ‘decisivo’ è dunque quello del malato.
3) L’accanimento terapeutico: é l’atteggiamento di ostinazione nell’impartire trattamenti sanitari che risultano ‘sproporzionati’ in relazione all’obiettivo terapeutico e alla condizione specifica del paziente. Anche la morale cristiana rifiuta l’accanimento terapeutico. Va detto che davanti a queste gravi problematiche la reazione
delle persone dipende molto anche dalla visione di fede che ognuno ha o non ha. Per il credente cristiano infatti la vita è dono di Dio e l’uomo ne è responsabile ma non padrone. In linea di principio è chiaro che chi crede non può cercare volontariamente la morte. E nemmeno può approvare che lo Stato legalizzi l’eutanasia, sia quella attiva sia quella passiva.

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