A tu per tu con Francesco
«Cristiani-pappagallo» o autentici testimoni «con la propria vita»? Diretto ed efficace, Francesco ha coinvolto i ragazzi del post-cresima e gli scout, in un vivace botta e risposta. Ascoltati i saluti di uno dei catechisti e di tre ragazzi che hanno spiegato come il gruppo li abbia aiutati nelle loro difficoltà adolescenziali, il Papa ha sottolineato l’importanza di questa scelta: «Il Signore vi ha dato questa grazia, di non fare della Cresima il sacramento dell’“a r r i v e d e rc i ”». Poi ha iniziato a interpellare il suo fin troppo timido uditorio: «Parlate, parlate, che voglio sentirvi!». Dopo le iniziali titubanze rotte da un bambino di otto anni — «bravo, continua così», «sii coraggioso» — il Papa ha cercato di sintetizzare ai ragazzi il significato e l’importanza della «testimonianza cristiana», il cui segreto, ha detto, «è la gioia». Non è stata una lezione, ma un dialogo fatto di domande e risposte. In coro i ragazzi hanno ripetuto: «La testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani!». I giovani e i bambini hanno aggiunto dettagli: «Donandosi», e lui: «Ma cosa vuoi dire con quella parola?»: «Aprirsi all’altro», «accettare l’altro», «ascoltare l’altro». E, ha chiesto di nuovo il Pontefice, «come si fa la testimonianza con le mani?». Dai ragazzi accovacciati a terra si sono alternate le risposte: «Facendosi umili», «andando incontro alle persone». Però, ha aggiunto una voce, «è difficile mettere l’orgoglio da parte». Una ragazza ha chiesto: «Come spiegare a chi non crede perché la fede è importante?». Qui la risposta è stata netta: «Non si deve spiegare». Niente proselitismo, ha detto il Papa, che ha aggiunto: «Se io non posso spiegare, cosa devo fare? Vivere in modo tale che sia lui o lei a chiedermi: “Perché tu vivi così? Perché hai fatto questo?”, e allora sì, spiegare. Capito?». Rotto il ghiaccio, i giovani hanno provato a sollecitare Francesco anche su alcuni aspetti personali: «Lei riesce sempre a perdonare?», («Perdonare è difficile, ma si può», «il perdono non si fa per decreto, ci vuole un cammino interiore nostro, per perdonare. Non è facile»). Alla domanda: «Secondo lei, qual è il dono più grande che ci ha fatto Dio?», il Papa ha condiviso un ricordo affettuoso: «Quello che io sento come un grande dono di Dio è la mia famiglia: il papà, la mamma, cinque fratelli, tutta la famiglia…». E ha approfittato per ribadire l’importanza di ascoltare e parlare con i nonni: «sono la memoria della vita, sono la saggezza della vita». Ancor più toccante l’ultima domanda di una ragazza: «Come ha fatto a non perdere mai la fede tra gli alti e bassi della vita?». Il Pontefice non si è sottratto e ha richiamato alcuni momenti in cui «la fede si è abbassata tanto che io non la trovavo e vivevo come se non avessi fede». Quindi ha aggiunto: «Ci sono giorni bui, tutto scuro… Anch’io ho camminato nella mia vita per giorni così». Ma non bisogna «spaventarsi: pregare e avere pazienza, e poi il Signore si fa vedere, ci fa crescere la fede e ti fa andare avanti». E quando incontri una persona che per una grande sofferenza vacilla nella fede, ha suggerito alla ragazza, «rispetta quel buio nell’anima. Poi sarà il Signore a risvegliare la fede. La fede è un dono del Signore. A noi soltanto custodirlo».
Articolo estrapolato da l’Osservatore Romano del 16 gennaio 2017