Perché Dio non ferma il virus?
Editoriale del direttore de Il Settimanale della Diocesi di Como
don Angelo Riva
Un giorno un giornalista domandò a Madre Teresa di Calcutta come mai Dio, se è così onnipotente e buono come dicono, non stende la sua mano per togliere il male del mondo.
La santa lo guardò storto, increspando un’altra ruga su quelle che già solcavano il suo volto. E per tutta risposta gli disse: «e tu cosa fai per togliere un po’ di male dal mondo?». Risposta tutt’altro che evasiva, perché anzi centrava il nocciolo teologico del problema.
Certamente Dio potrebbe fermare il Covid19 con uno schiocco di dita. Come quando Gesù fermò la violenza delle onde del mare in tempesta, e con il dito zittì il turbinare impetuoso dei venti, che minacciavano di rovesciare la fragile barca dei pescatori (Mt 14,22-36; Mc 4,35-41).
Perciò facciamo bene a pregarlo, anzi a supplicare da Lui la liberazione dal flagello. Lo abbiamo fatto con il rosario la sera del 19 marzo, e lo ha fatto il Papa davanti al Crocifisso miracoloso della chiesa di san Marcellino al Corso.
Però bisogna intendersi. Il cristianesimo ha definitivamente rotto lo schema ingenuo dell’uomo religioso, in base al quale con Dio si mercanteggia, e con Lui si possono contrattare (in cambio appunto di preghiere e sacrifici) salute, guarigione, fortuna e magari anche una vincita alla lotteria. Simile rappresentazione del rapporto religioso è doppiamente avvilente.
Anzitutto per l’uomo, ridotto a marionetta in balìa di poteri oscuri che tutt’al più può cercare di ingraziarsi. Ma anche per Dio, che fa la figura dello sbadato che si dimentica di governare la sua creazione; oppure del Dio cattivo, crudele e insensibile, una sorta di vampiro assetato del sangue delle sue creature, se non viene imbonito e placato dal sangue di qualche sacrificio o di qualche solenne preghiera. Questo, amici, è paganesimo.
Il Dio di Gesù Cristo è affatto diverso. Egli, più che a un vampiro che si compiace di succhiare il sangue delle sue creature, assomiglia a un volontario dell’AVIS, che il suo sangue lo dona, per dare la vita agli altri. Il Dio di Gesù Cristo non se ne sta avulso dai drammi e dalle tragedie del mondo, magari attendendo qualche preghiera riparatoria per stornare la propria collera. Al contrario entra, vive, condivide, porta, soffre e piange tutto il male del mondo. Anche quello causato dal Covid19. E’ il Dio crocifisso, mica l’idolo sdegnato e capriccioso dei pagani.
Per l’uomo ne vengono due enormi conseguenze. La prima è la fede. Dio può sì sedare la tempesta (e quindi facciamo benissimo a chiederglielo), ma può fare molto di più: abbracciare l’uomo, fargli compagnia. Così che l’uomo non abbia mai a sentirsi solo e abbandonato, neanche in mezzo alla burrasca. Anzi la prima cosa (sedare la tempesta) non è detto che Egli la faccia, per quanto noi giustamente gliela chiediamo; ma la seconda (stringere l’uomo nell’abbraccio della vicinanza) la fa di sicuro.
Nulla ci separerà mai dall’amore di Cristo (Rom 8,31-38). Neanche il Covid19. Questa è la fede. La fede di Pietro, che sul mare in tempesta addirittura «cammina», prim’ancora che la burrasca si plachi. Sì, «cammina»: cioè vive, lotta, spera, non va a fondo. Però egli deve, appunto, credere in Gesù: se appena un po’ la sua fede ardente si raffredda, ecco che anche Pietro comincia ad affondare («uomo di poca fede»).
Anche lui incredulo come gli altri naufraghi della barca, ai quali sembra che Dio (se mai c’è, in mezzo al diluvio) «dorme a poppa sul cuscino» (Mc), pare assente o distratto o disinteressato; oppure «sembra un fantasma» (Mt), cioè un’apparenza, un’illusione, una nostra proiezione consolatoria.
La seconda conseguenza, per l’uomo, è l’amore. Dio, davanti al male del mondo, non ha fatto discorsi: si è tirato indietro le maniche, ha consegnato sé stesso, si è lasciato ferire. Allora anche l’uomo faccia altrettanto. Di fronte al Covid19, smetta di chiedersi perché, se Dio c’è, non toglie il virus dal mondo, e si dia invece da fare anche lui, come ha fatto Dio.
Lo stanno facendo tanti medici e infermieri, che presidiano la linea del fronte. Ma anche tanti sindaci, poliziotti, commesse, panettieri, lavoratori…Anzi, ciascuno di noi può fare qualcosa: anche semplicemente stare tappato in casa (per non offrire il bersaglio al nemico), e rifornire di proiettili…spirituali (cioè di preghiere; insieme magari a mascherine e indumenti protettivi) chi sta in prima linea.
«Fai anche tu qualcosa», come ha fatto Dio. Davvero Madre Teresa c’azzeccò in pieno, con quella risposta al giornalista.
don Angelo Riva