Il Beato Teresio Olivelli
Teresio Olivelli fu ucciso il 17 gennaio 1945 mentre cercava di proteggere da un pestaggio un compagno di baracca ucraino, nel lager di Hersbruck, vicino a Norimberga. Era stato deportato nel campo di concentramento dopo l’arresto a Milano, nell’aprile del 1944, per la sua militanza nella Resistenza cattolica, nelle Fiamme Verdi.
La vicenda di Olivelli, che la causa di beatificazione ha contribuito a far conoscere più diffusamente, è paradigmatica di quelle che furono le aspirazioni e i sogni di una generazione travolta dalla tragedia della guerra. E la sua figura, che per diversi tratti ricorda quella del beato Pier Giorgio Frassati, si colloca tra le più luminose della gioventù cattolica italiana della prima metà del ’900.
Olivelli nasce a Bellagio (Como) il 7 gennaio 1916, ma la sua famiglia si trasferisce presto nei luoghi di origine, in Lomellina, prima a Zeme poi a Mortara. Profonda è l’influenza su di lui di uno zio sacerdote, monsignor Rocco Invernizzi. Nel 1938 si laurea in giurisprudenza a Pavia, dove a soli 27 anni è rettore del Collegio universitario Ghisleri. Diviene assistente di diritto amministrativo all’Università di Torino e nel 1939 vince a Trieste la prestigiosa competizione dei Littoriali. Tutto lascia intravedere una brillante carriera accademica o professionale di un giovane che è anche fortemente impegnato nell’Azione cattolica, nella Fuci e nella società San Vincenzo de Paoli, visitando e accudendo i malati tubercolotici terminali. Nel 1942 parte volontario per la campagna di Russia come sottotenente della Divisione Tridentina. Sopravvissuto alla disfatta, al ritorno, dopo l’armistizio del 1943, aderisce alle Fiamme Verdi. Nel marzo 1944 è fra i promotori del giornale clandestino ‘Il Ribelle’, e sui Quaderni del Ribelle esce la sua famosa preghiera «Signore facci liberi».
Una militanza clandestina che termina con l’arresto a Milano, dove viene torturato e poi deportato in Germania. Nei lager di Flossenburg e di Hersbruck dà prova di una carità eroica assistendo i compagni prigionieri. «Una personalità cristiana spiccata e solida; un confessore martire della coscienza morale cristiana, caratterizzato da un amore assoluto per la verità e la giustizia; un testimone autorevole dell’impegno dei cattolici italiani nella società. La sua beatificazione risvegli i cattolici italiani bisognosi di ritrovare le loro migliori radici anche sul versante della testimonianza nel sociale ».
(Maurizio Gervasoni, Vescovo di Vigevano)